I Paesi Bassi hanno risolto il problema dei cani randagi, e ora vogliono fare lo stesso con i gatti: ecco come faranno
Chiunque abbia un gatto può dire quanto il suo animale domestico sia adorabile, indipendente ma affettuoso, unico. Diverso è il caso dei gatti randagi, soprattutto quando non si tratta di piccole colonie feline ma di molti più esemplari, spesso fuori controllo. Di fronte alla necessità di trovare una soluzione a questo problema, le strade possibili sono diverse. È questo il caso dei Paesi Bassi che, dopo aver eliminato il problema dei cani randagi, vogliono fare lo stesso con i gatti randagi. Ma come? Ed è la soluzione giusta?
Gatti randagi sì o gatti randagi no: i contorni del dibattito
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La gestione dei gatti randagi costituisce un problema che moltissime città di tutto il mondo si sono trovate ad affrontare. Piccole colonie feline con pochi individui possono diventare molto più grandi in poco tempo, se ignorate dalle autorità. In alcuni casi è quindi necessario un approccio più ragionato al problema dei gatti randagi. Per esempio, la Washington Humane Society ha rivoluzionato la gestione delle colonie feline con la strategia TNR, ossia trap neuter return, cattura sterilizza libera.
In pratica, i gatti randagi vengono catturati e sterilizzati, per poi essere lasciati liberi di tornare al loro territorio. Così facendo si evita di dover ricorrere a metodi più drastici, ma si tiene sotto controllo tutta la colonia felina, impedendo di fatto che si allarghi. Questa soluzione è stata adottata anche a New York e in altre città americane, ma non è stata accolta da tutti allo stesso modo.
L’alternativa alla sterilizzazione dei gatti randagi
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Se la Washington Humane Society ha scelto di adottare una strategia che permetta di mantenere in vita i gatti randagi, seppur sterilizzati, la PETA la pensa diversamente. Secondo la People for the Ethical Treatment of Animals, l’associazione a sostegno dei diritti degli animali, sterilizzare i gatti randagi perpetua le loro sofferenze. Al contrario, l’eutanasia sarebbe una soluzione più compassionevole nei confronti di questi animali, ma anche più sicura dal punto di vista delle malattie trasmissibili all’uomo. Ma non è tutto qui, perché la PETA accusa alcune delle associazioni a sostegno della sterilizzazione di voler ricevere donazioni. Insomma, non avrebbero davvero a cuore il benessere dei gatti randagi, quanto il loro.
Gli Stati Uniti non sono l’unico Paese in cui il dibattito sul trattamento dei gatti randagi ha portato a scelte difficili. Ogni Stato cerca di scegliere la soluzione che ritiene più dignitosa in un contesto in cui nessuna scelta può essere fatta a cuor leggero.
Il caso dei Paesi Bassi: una soluzione in vista?
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Il caso dei Paesi Bassi è particolarmente interessante, da questo punto di vista, perché proviene da un successo nella gestione degli animali randagi. Il Paese europeo ha già infatti risolto il problema dei cani randagi, oggi assenti, e adesso vorrebbe affrontare anche la questione delle colonie feline e dei gatti randagi. Ma come? Associazioni come la Amsterdam Stray Cat Foundation sono impegnate da anni nella sterilizzazione e reintegrazione dei gatti randagi. Ma fin qui non c’è nulla di nuovo rispetto a quanto abbiamo appena visto.
In aggiunta, però, l’associazione di Amsterdam si impegna anche nella sensibilizzazione del pubblico e fornisce supporto alimentare per i gatti dei proprietari a basso reddito. In questo modo viene affrontato il randagismo come problema e prevenuto il randagismo come condizione. Che sia questa una possibile soluzione che permetta di non ricorrere all’eutanasia, è ancora presto per dirlo. Si tratta tuttavia di un approccio bilanciato che considera il benessere dei gatti randagi, la sicurezza degli esseri umani e la sostenibilità ambientale. Insomma, un buon punto di partenza per un problema sempre più presente.