Parliamo ai gatti come a bambini, ma cosa ne pensano loro?

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di Angelica Vianello

09 Agosto 2024

Primo piano di gatto in braccio a una donna che lo coccola

PxHere

Baby talk, o "linguaggio da bebè", è il modo in cui gli adulti spesso parlano ai bambini piccoli, usando un tono di voce più alto, parole semplificate e suoni ripetuti. A volte è chiamato anche "linguaggio/parlato infantile". Lo conosciamo tutti, e spesso lo usiamo senza pensarci quando vogliamo cogliere l'attenzione dei bimbi poco più che neonati, e ancora quando sono piccoli e imparano a dialogare pian piano col mondo circostante.

Non di rado, però, i padroni lo usano anche con i loro gatti, pure se del tutto adulti. I motivi per cui lo facciamo noi umani possono essere molti, ma ci siamo mai chiesti cosa ne pensano loro, i gatti?

Il baby talk che riserviamo ai gatti

Uno studio condotto in Francia presso l'Università di Paris Nanterre e pubblicato sulla rivista Animal Cognition nel 2022 ha rilevato che i gatti possono davvero distinguere, tra tutti i suoni che li raggiungono, quelli che sono rilevanti per loro

La ricercatrice a capo dello studio, Charlotte De Mouzon, aveva infatti dichiarato: "Abbiamo scoperto che i gatti sanno distinguere tra il linguaggio che il loro padrone usa specificamente per loro e quello che invece il padrone usa nel parlare con altri esseri umani".

Anche i cani hanno in realtà un'ottima comprensione delle cose che gli diciamo, e con loro sono stati condotti molti studi, mentre per i gatti ne esistono di meno, complice anche il fatto che, come spiegava un'esperta di psicologia comparata presso la Oakland University, Jennifer Vonk, questo tipo di studi sono più difficili sui gatti, perché non possono essere addestrati quanto i cani, sono percepiti come meno socievoli, e si spaventano di più quando inseriti in contesti sconosciuti.

Lo studio

Una donna che fa le coccole al gatto tenuto in braccio sul divano

Sam Lion/Pexels

Lo studio condotto presso l'Università di Paris Nanterre ha coinvolto 16 gatti, ed è stato realizzato perlopiù nelle loro abitazioni. I ricercatori hanno ricreato tre scenari diversi in cui i gatti ascoltavano voci pre-registrate dei loro padroni oppure quelle di una donna sconosciuta. Per stabilire una base affidabile per le loro reazioni, ciascun gatto ha ascoltato tre registrazioni vocali identiche, poi una quarta registrazione caratterizzata da un cambiamento distintivo della voce o del tono, e poi un'ultima registrazione che era nuovamente quella che avevano ascoltato all'inizio.

Se il comportamento del gatto cambiava in risposta alla quarta registrazione e tornava alla normalità in risposta alla quinta registrazione, ciò suggerirebbe che il gatto fosse in grado di distinguere tra le voci.

Nello specifico, nel primo scenario, il gatto ascoltava un'estranea che lo chiamava per nome, poi la voce del padrone, e poi di nuovo quella dell'estranea. 10 gatti su 16 hanno reagito in modo decisamente diverso quando ascoltavano la padrona: le orecchie tese verso la voce, le pupille dilatate, o comunque prendevano a muoversi. Ma Ma niente di tutto questo quando tornavano a sentire l'estranea.

Nel secondo scenario, poi le registrazioni 1,2,3 e 5 erano con la voce della padrona che parla ad altri esseri umani, e solo la 4 in cui parlava direttamente a loro. Nel terzo scenario, la stessa cosa veniva fatta dalla voce estranea. Quando 10 dei 16 gatti sentivano i padroni che usavano "il linguaggio infantile" per loro, mostravano un comportamento chiaramente diverso e più attento e reattivo. Quando invece sentivano la persona estranea che parlava con linguaggio infantile nei loro confronti, la differenza di comportamento c'era ma era meno intensa.

Tutto ciò ci dice che i gatti imparano a capire quando siamo proprio noi padroni a parlare con loro col tono infantile, mentre sono più disinteressati quando a rivolgersi a loro, seppur con toni infantili, siano altre persone. E sono quasi del tutto indifferenti a ciò che noi umani diciamo tra noi... Ma chissà che non capiscano qualcosa anche di quei discorsi?