Il gatto cinese che saluta non è cinese: scopri le origini e il significato del Maneki Neko

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di Angelica Vianello

24 Novembre 2024

statuine a forma di gatto che saluta di varie dimensioni e colori in una vetrina di negozio

wwwuppertal/Flickr

Uno dei simboli di infiniti negozi e ristoranti cinesi sparsi in tutto il mondo, ma che cinese non è: è il Maneki Neko, il gatto che saluta. Si tratta di una figura del folklore giapponese e ha un significato ben preciso. 

I gatti porta fortuna: il significato

statuina dorata di gatto che saluta muovendo la zampa

Paul Buijs/Pexels

Per noi sono i "gatti che salutano" ma il nome di queste figure, ovvero Maneki Neko, indica più propriamente un gatto che chiama: quel gesto, infatti, è quello di chi fa cenno con la mano di avvicinarsi.

Che siano le statuine di plastica, di solito dorate, con la zampa che si muove su e giù oppure quelle di terracotta che hanno una posa fissa, sono figure che portano fortuna, o almeno questo è quello che sappiamo tutti in modo generico.

Abbiamo ragione ma c'è qualcosa in più da sapere: la zampa alzata può essere la destra o la sinistra, e ci sono persino statuine con entrambe le zampe sollevate. Cosa significa ciascuna? Ebbene, secondo le tradizioni prevalenti, la zampa sinistra augura ricchezza, mentre quella destra buona fortuna, buona sorte in generale.

Quanto a quelli con entrambe le zampe sollevate, in certe tradizioni hanno il significato di augurare fortuna e ricchezza, mentre secondo altre hanno un significato addirittura negativo. Il motivo di questa ulteriore interpretazione sta nel fatto che la posizione con entrambe le braccia sollevate è quella legata all'esclamazione "banzai", che è anche il grido di guerra delle truppe che si lanciano in un combattimento con poche speranze di sopravvivenza.

Pare inoltre che quanto più le zampe sono sollevate in alto, tanto più potente sarà la fortuna invocata.

Le origini del Maneki Neko

I gatti sono grandi protagonisti del folklore giapponese. Si stima che questi animali siano giunti in Giappone già qualche millennio fa, e fin dall'ottavo secolo sono parte della letteratura e della mitologia di questa affascinante cultura. Inizialmente, però, non c'erano tanti gatti in Giappone e dunque erano considerati animali preziosi da tenere con sé, magari anche con guinzagli. Erano di per sé un simbolo di ricchezza e benessere, dunque.

Nel periodo Edo (1603-1868) i produttori di seta tenevano dipinti di gatti per tenere lontani i predatori più temibili dei bachi da seta, cioè topi e ratti. E pare che le prime bambole o statuine raffiguranti il gatto con la zampa alzata siano risalenti proprio a questo periodo, probabilmente apparse nei templi buddisti Gotokuji, Saihoji, o Jishoin, situati a Edo, l'odierna Tokyo

Le leggende dei templi

statuine di Maneki neko al tempio Gotokuji

Picryl

Ognuno di quei templi ha la sua versione sulle origini dei Maneki Neko e la più famosa è quella del tempio Gotokuji, che riallaccia la questione alla storia di Ii Naotaka (1590-1659), il signore dei samurai del dominio di Hikone.

Mentre passava di fronte al tempio, Naotaka venne chiamato con un cenno da un gatto che stava al cancello. Appena entrato al riparo del tempio, si rese conto di essersi salvato per un pelo da un violento temporale.

Colmo di gratitudine, il samurai prese a fare molte donazioni al tempio, che versava in difficili condizioni economiche: il gatto divenne così il simbolo del tempio stesso, e grande portatore di fortuna. Ancora oggi il tempio attira turisti da tutto il Giappone e dal resto del mondo.

Una fortuna che continua fino ai giorni nostri

Non si sa esattamente quando si cominciarono a vendere le prime statuine di ceramica a forma di gatto che saluta, ma ci sono testimonianze già nel 1852, in una stampa che mostra un mercato dove sui banchi dei venditori c'erano tante statuine pronte per l'acquisto.

Poco dopo è iniziata la produzione di massa: siamo nell'epoca Meiji (1868-1912), si usavano stampi di gesso, e il gatto era arrivato a indicare fortuna materiale più che spirituale. Infatti, la raffigurazione tipica non era quella di un gatto bianco con un campanello tenuto da un nastro rosso attorno al collo (cioè quella tradizionale del tempio Gotokuji), ma al posto della campanella c'era una moneta d'oro, come ormai spesso capita di vedere un po' in tutto il mondo.

Ancora di più, il gatto che tutti associano alla cultura cinese è completamente dorato, a ulteriore conferma del suo significato un po' più prosaico rispetto a quello delle origini. 

Sapevate di questa curiosa leggenda?